martedì 16 ottobre 2007

Skid il Verme

Parla Lieve:

Carta gialla, macchiata di terra e dell’impronta di polvere e sangue delle nostre dita sporche, quale altra traccia t’aspetti che lasci sulla tua grana grossa? Cosa scriverà la cantastorie con la sua penna di corvo, schivando l’ombra mobile di questo fuoco che muore?
Saranno versi saturi del fumo dei bivacchi o risonanti come scudi del clangor della battaglia, saran parole vive o stanche o sciocche capriole del pensiero per farsi beffe della verità?
Macchè, niente di questo temo: niente versi per Lieve stasera, in questo tempo che non ha eroi, perchè tutti lo sono; niente versi per le nostre mani fredde e le mie labbra già spaccate dal vento dell’autunno, per il bosco alle nostre spalle e per la gola di roccia, la Gola dei Passeri, che fa da teatro al nostro inseguimento. Lo prenderemo il mago? Lo prenderemo l’unico superstite nemico del nostro primo, schifoso combattimento assieme e per la Resistenza?
Dobbiamo prenderlo, perchè ha visto in faccia Millepiedi. L’abbiamo visto in faccia tutti, scoprendo un viso che già conoscevamo: Skid, Skid il Verme. Skid il Verme, l’esattore delle tasse, Skid il Verme con il manto di visone, Skid il Verme a cui la gente, quando può, sputa nel piatto e lui che lavora per noi, da quando è cominciato tutto. Skid il Verme è un infiltrato della resistenza e l’uomo che due notti fa ci ha battezzati, in una stanza teatralmente buia tra gli intricati corridoi sotto la taverna di Aram il Bue, nascosto in un mantello e nella maschera che ora indossiamo tutti noi, ma che lui non porta più. E’ andata in pezzi durante lo scontro, la maschera di Millepiedi, spaccata a metà da una freccia, gli scacchi irregolari rossi e neri che per un momento si mischiano gli uni negli altri, nella luce magica del pugnale di Teleute. Gli ha salvato la faccia, ma non l’identità e con quel che dev’essere costato a quest’uomo mantenere la sua copertura di viscido servo del nemico in mezzo al disprezzo di tutti, forse avrebbe preferito un volto sfigurato. L’avevo preso in giro, quella sera alla locanda, io che fino all’altro ieri non ho saputo far altro per la mia gente che stordirla ed impedirle di pensare, ricevendone in cambio soldi, vino e acclamazioni. Perdonami Skid, adesso andiamo a prenderti il fuggiasco e a cavargli quel che ha visto direttamente via dagli occhi. Ci hai trattato come fossimo bambini l’altra notte, la voce impostata un pò da vecchio saggio e come un padre ci hai persino dato un nome. Ci hai parlato della fiducia che, senza garanzie, eravamo costretti a riversare in te, del guaio in cui ci eravamo cacciati e di come non ci fosse marmellata da rubare. Hai provato a farci un po' paura e magari ci sei pure riuscito, ma hai sbagliato se pensavi che un tremito sfuggisse alla ragazzina fragile figlia del bibliotecario, che il druido si piegasse sotto il peso della pietra dei cunicoli o che la cantastorie non fosse pronta a piangere. Forse siamo ingenui, inesperti di sicuro, ma ne abbiamo viste abbastanza per non essere bambini. Ci abbiamo pensato molto forte molto a lungo e alla locanda di Arhman il Bue, mentre i carboni si spegnevano del tutto in fondo al focolare, sapevamo che cosa stavamo per fare, come ora lo sappiamo. Sono disposta a rovinarmi le dita e la voce, imparerò a sopportare l’odio degli amici, se servirà, come ha fatto Skid il Verme, per smetterla di trascinarmi in questo mondo massacrato, per dare un contributo, seppur misero, a questa lotta appena nata, per riportare alla mia gente, a tutte le genti, un sovrano che le nutra e le protegga, perchè adesso c’è qualcosa in cui credere e per cui combattere.

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