Chiudi la porta e maledici l’autunno.
La pioggia ti ruscella fin dentro i calzari e nemmeno lo spettacolo del tramonto, negato dalle nubi, ti solleva dallo squallore che ormai è la tua città. La chiamavano Città-sorella, sorella di una regina, ma a guardarla adesso di sfuggita fa pensare più che altro ad una vecchia baldracca senza più splendori, con l’alito che puzza e denti marci e storti. Però costa poco e non mancano clienti. Più da vicino invece si rivela per quel che è, una matrona ricca e grassa, dispotica e sleale, una padrona spietata e corrotta. Non fa differenza. Le strade di Melennor si infangano presto in cima alla collina e fiumi di melma calano oltre le mura, fino ai villaggi sottostanti, fino alla piana e alle rovine della città antica, nere come la pece. Niente più alberi attorno ai bastioni, la terra si inzuppa e corre a valle. Fa freddo, per gli dei, troppo freddo per essere Ottobre. Per le strade c’è chi non ha un riparo degno di questo nome, c’è chi muore, c’è chi ne gode. Tu invece hai la nausea. Il bello è che, mentre cerchi di ripararti con il mantello, non sai bene neppure tu chi incolpare, se i Suvri e il cataclisma che li ha portati, la crisi economica o il secolo dell’Impero o i Draghi…e poi quali Draghi? Siano maledetti tutti? Sia maledetta Tiamat? Oppure la tisi, che si è portata via due Lestatt in tre anni, mettendo sul trono un ragazzo undicenne che non sapeva tagliarsi la carne nel piatto? Svolti l’angolo e d’un tratto sai contro chi dovrebbero abbattersi i fulmini che illuminano le valli dietro Melennor. Si chiama Guardia Cittadina, ma è un branco di mercenari senza scrupoli. Codardi e vili per di più, visto che sono in tre a trascinare in ceppi un padre, un marito, di fronte agli occhi di una famiglia da sfamare. All’ora di cena. Pure maleducati. Sorridi, ma vorresti vomitare. Vomitare saette su Lord Kipper e la sua corte di adulatori del cazzo. Vorresti usare quello che sai fare per riportare a casa un uomo in lacrime e catene, che questo mese non ha avuto sangue da versare in tasse. Vorresti fare esplodere Melennor e ricostruirla da zero, mattone per mattone. Vorresti schioccare le dita e riportare quell’undicenne sperduto sul trono che gli spetta di diritto, visto che ora è un uomo non più incapace di reggere un coltello ed anzi, abile di spada e svelto di mente, dicono; ricco di spirito e di senso di giustizia. Ma non puoi farci nulla; passi oltre, giri l’angolo e ti lasci rinfrancare dall’insegna della taverna di Arhman. Quando apri il portone senti caldo all’improvviso, vedi un tavolo di persone tra cui riconosci degli amici, e d’un tratto ti rendi conto che varrà la pena rovinarsi la vita, nascondersi al mondo se necessario, rischiare l’osso del collo e sfidare l’ignoto. Varrà la pena persino perderla quella vita in cambio di un’occasione, anche solo un’occasione, di cambiare le cose.
mercoledì 10 ottobre 2007
Pensieri di un ribelle
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4 commenti:
mi rendo conto di non averti ancora fatto i complimenti per il lavoro che stai facendo Claudio, per l'atmosfera che sei riuscito a creare ed i bei testi su cui la stai appoggiando, i nomi evocativi e la situazione finalmente coerente e diversa dal solito. Bravo master
Brava Eva...mi sembra giusto elogiare il master quando va elogiato, perciò grande, grande Claudio.
Che questa sia la volta che i nostri personaggi diventeranno alla fine grandi eroi....
EROI...ER OI...E RO I...E R O I...Eroi!!! yeah!!!
io incrocio le dita...anche quelle dei piedi!!!...hihihi
cmq cla complimenti davvero e scusa se esagero...ogni tanto...
bella master!!!
Leggo solo ora questi commenti, e solo ora ringrazio, accidenti. Spero soltanto di non avere, nel frattempo, disperso il credito che sottintendono
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