domenica 20 aprile 2008

La Mappa nella Mela

Parla Teleute:

...Sono rientrata in città da qualche ora, giusto il tempo di concedermi un bagno prima di tornare da voi, pagine, per darvi notizia degli avvenimenti degli ultimi giorni.
Elanor era da pochi giorni mia ospite quando ricevemmo la chiamata da parte di Arman: Skid voleva vederci. Dal canto nostro eravamo impazienti di sapere cosa fosse andato storto alla gola dei passeri, perché, ma soprattutto cosa fosse quella mela di pietra intarsiata che avevamo recuperato. Quella notte scoprimmo che la mela era una mappa con tanto di X in prossimità di Tarsite. Ed è li che Skid ci ha detto di andare, per cercare di capire cosa ci fosse di così importante in quel luogo.
Sfruttando l’afflusso di pellegrini in occasione delle feste dei morti siamo usciti dalla città e ci siamo diretti verso il Passo del Verme. Fortunatamente la neve non era ancora arrivata, percui la traversata non ha creato particolari difficoltà, a meno dell’incontro con alcuni disertori dell’esercito di Melennor ormai dediti al banditismo, con un tasso crudele e un Verme del Gelo.
Superato il passo ci è voluta solo mezza giornata per raggiungere la foresta in corrispondenza del punto segnato sulla mappa. A quel punto le indicazioni erano troppo scarse per poter capire cosa cercare e dove cercarlo, perciò Lieve e Antar si sono offerti di andare a Tarsite per raccogliere qualche informazione, visto che nemmeno io avevo mai sentito parlare di quei luoghi. Lieve ha raccolto leggende e voci più o meno verosimili; abbiamo dato credito al racconto di un vecchio che sosteneva che nel passato la zona era abitata da elfi e che nella foresta essi avevano costruito una prigione, il cui accesso poteva essere scoperto solo se osservato all’alba da un luogo molto in alto.
Il vecchio sosteneva di aver già provato a osservare da tutte le colline che circondano la foresta, ma noi siamo potuti andare più in alto: grazie all’aquila di Aleza siamo riusciti ad identificare un albero su cui all’alba si posavano innumerevoli uccelli.
Arrivati a quel punto della foresta, Lieve si è arrampicata sull’albero ed ha notato come il tronco fosse cavo e interamente riempito di un cristallo verde che brillava nella luce radente dell’aurora attirando gli uccelli.
Dopo una breve ricerca abbiamo scoperto tre pietre levigate su cui erano incise le parole di un indovinello. Risolto l’enigma le pietre sono affondate nel terreno lasciando spazio a tre ripidi tunnel che affondavano nell’oscurità.
Già altri hanno scritto della tragica fine di Mir, che spinto forse da troppo coraggio ma da poca saggezza per primo è entrato in uno dei tunnel esponendosi alla fatale trappola ivi contenuta.
Non è lo scopo di questo resoconto ricordare il nostro compagno caduto anche se resterà sempre il rammarico di non aver usato maggiore prudenza.
All’interno della prigione le mura erano costellate di scritte in un antico linguaggio, oserei dire in elfico arcaico, così vecchio da risultare quasi intraducibile. Le uniche parole che sono riuscita a comprendere riguardavano il concetto di giustizia. Il primo livello della prigione era costruito come un fiore attorno alle radici dell’albero e tutte le stanze erano illuminate dallo stesso cristallo verde. In questo livello abbiamo dovuto scontrarci con un altra bestia simile a quella già incontrata nelle caverne dei lucertoloidi presso la gola dei passeri: un cane intermittente, lobotomizzato in modo da rendere malvagia una creatura normalmente buona. L’accesso al secondo livello era custodito da alcuni goblin di cui ci siamo liberati facilmente. Qui abbiamo fatto un curioso incontro: una creaturina creata con la magia, un omuncolo straordinariamente in vita nonostante il suo padrone fosse ormai da anni deceduto. L’abbiamo chiamato Meraviglia, in quanto lui sosteneva di essere la meraviglia di Tesla, l’antico e potente mago elfo che plasmò magicamente il cristallo verde organizzando tutto il sistema di illuminazione delle prigioni. Da lui abbiamo scoperto inoltre che le prigioni avevano un nuovo “padrone”, un umano vestito di blu di cui avevamo già sentito parlare dai goblin.
Dopo essere sopravvissuti a scheletri, ragni giganti, e chierici malvagi, siamo riusciti ad interrogare una delle guardie della prigione, che delirando in preda a visioni, mi ha fatto rendere conto della presenza intorno a noi degli spiriti degli elfi che un tempo abitavano queste prigioni. Sospetto che loro potessero sentirmi, sicuramente percepivano le nostre intenzioni perché i loro bisbigli sembravano rassicurarmi, mentre parlavano di massacro e vendetta a i nostri nemici. Tra tentennamenti e sproloqui, con il coltello di Komier accostato alla gola, il nostro prigioniero ci ha rivelato il nome del suo capo: Crakka, un guerriero avido e traditore che noi sapevamo essere al servizio del reggente di Melennor. In realtà è emerso che Crakka stava facendo il doppio gioco: dopo aver rapito Lord Alessen, fratello e tesoriere del reggente della città libera di Nemore, per conto del regime, l’aveva relegato nella prigione elfica all’insaputa del Lord di Melennor, che al momento stava ricattando.
Lord Alessen ha una notevole importanza politica, perché da quando è stato rapito la città di Nemore, da sempre strenua oppositrice del regime di Melennor, ha dovuto cessare le ostilità in cambio dell’incolumità del fratello del re. Nella grande stanza delle celle abbiamo poi snidato Crakka che naturalmente non è sopravvissuto al nostro incontro, permettendoci così di riportare a Melennor sano e salvo Lord Alessen.
Di tutte le cose antiche e incredibili incontrate nella prigione sotto la foresta, soprattutto mi ha colpita la sensazione del contatto con gli spiriti e, nonostante i loro sussurri fossero benevoli verso di me, non so se essere commossa o intimorita dalla scritta che è oggi è comparsa su una delle pergamene, prima bianche, che abbiamo trovato in quel luogo: “Gli spiriti non dimenticano”...