Parla Limahar
La notte è appena finita e noi, formiche sulla schiena di una città così grande da costituire uno spettacolo imponente agli occhi di chiunque, guardiamo con rinnovato stupore la furia dei draghi. Chi come me, Teleute o chi altro abbia passato molto tempo sui libri, per scelta o per costrizione, non può fare a meno di pensare a come fosse realmente questa città. Gente che affollava la piazza del castello, gente che pregava con fervore dentro i templi, e la paura e la disperazione che quella stessa gente ha provato nell'ira contenuta nei potenti polmoni infuocati dei draghi.
La città se pur mutilata è rimasta. Le cicatrici pure...
Chiunque porti segni sopra di sè che indichino eventi e momenti della propria vita di certo può capire a pieno il senso che trasmette una città devastata. O meglio, una città dilaniata. Gli uomini di qui hanno fatto bene a non ricostruire nulla, a non cancellare con mura e mattoni quello che realmente è successo.
Questo posto è una lapide! Ma non di quelle che si mettono nei campi dei morti. No, questa lapide è un promemoria, e un monito, e al tempo stesso una speranza.
La speranza di poter migliorare, di non commettere gli stessi errori.
La mia speranza.
Perché so bene che molti uomini, elfi, nani, gnomi o di qualunque altra razza sia lo sguardo che si posa si queste pietre, ciò non lo possono capire.
La città nel suo sfacelo è bella, e in molti punti lo stesso fuoco che l'ha distrutta la resa un oper ad'arte bellissima.
Di notte questo si notava poco mentre percorrevamo le vie più esterne.
Solo pochi imprevisti ci hanno colto lungo il cammino, ma nessuno così tosto da impedirci di procedere.
Prima Aleza che rischia di rompersi una gamba mentre cercavamo di scavalcare un palazzo crollato sulla strada. Poi un branco di cani rognosi, ridotti a poco più di miseri scacalli, ci attaccato considerandoci pasto facile.
Quando Komier poi trova un segno ad un ingresso sui cancelli esterni del castello non posso negare di aver provato dell'aspettativa, ma pure quello s'è rivelato niente più che un ritardo.
Quando arriviamo alla nostra prima meta, ormai gran parte della notte è passata. I Templi sono imponenti. L'aspettativa ancora una volta mi attraversa tutto il corpo come una scarica d'energia rinvigorente.
Vederli così mi fa sentire piccolo e insignificante. Quelle stesse pietre che ora ci nascondono e ci circondano hanno mantenuto gran parte della loro maestosità, e i segni del fuoco sono evidenti. Il Fuoco ha segnato questo posto, ma ai miei occhi non sembra che sia come il resto della città.
Poi entriamo nel Tempio di Pelor. La nostra lanterna non illumina molto della vasta navata, ma quanto basta per notare che gli scacalli, quelli veri, con due gambe e due braccia, talmente egoisti da pensare solo al loro tornaconto, sono stati quì.
Rimando la mente alle dolci parole del mio mestro per ricordarmi che l'avidità delle creature terrene è colpa finchè non c'e di mezzo la sopravvivenza, e spero in cuor mio di non incontrare mai gli autori di questo sacrilegio, conscio di non essere ancora degno di paragonarmi al mio mentore.
Il nostro cammino ci porta su per scale di pietra e vicino alle celle dei sacerdoti. Niente è sfuggito alla distruzione e all'eventuale saccheggio che dev'essere seguito.
Quando troviamo la porta della biblioteca sono agitato, sento le mani che mi tremano, e il pensiero che potremmo essere vicino a qualcosa di importante mi fà quasi dimenticare il mio autocontrollo. Si sà che storicamente i chierici di Pelor hanno spesso avuto il compito di custudire il sapere...le informazioni che posseggo sono poche, e ogni granello di polvere che fa pendere la bilancia verso il successo è sempre utile.
Quando la porta si apre e vedo le librerie vuote, tutto lo slancio che mi aveva gonfiato il cuore di speranza mi ricade addoso come un maglio.
Nulla è sopravvisuto all'incendio.
Poco più avanti lungo il corridoio un unica porta ci sbarra il passo, ma per nostra sfortuna è bloccata e protetta magicamente. Komier prova ancora una volta ad aprirla, ma le sue capacità non sono all'altezza del compito e solo per l'abilità di Elanor nel maneggaire le corde riusciamo a sottrarlo all'incantesimo che l'aveva colpito.
La stanchezza ormai ci sommerge con il suo scuro manto e noi, accampandoci in una delle stanze vuote, c'addormentiamo, rimandando a domani le nostre ricerche.
1 commento:
mi scuso in anticipo per la mia solita sgrammaticata stesura...confidando nel fatto che il senso possa essere recepito indipendentemente dai miei delirii!!! buona lettura!
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